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CI VEDIAMO TRA UN PO’

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L’ESPERIENZA DEL DISTACCO COME OPPORTUNITA’ DI CRESCITA PER BAMBINI E ADULTI

Separarsi significa iniziare qualcosa da soli, distaccarsi da ciò che è familiare e conosciuto per avventurarsi verso nuove esperienze e creare la propria personale esistenza.

In quest’ottica la separazione si configura come opportunità di crescita: è solo attraverso gli inevitabili e progressivi distacchi che il bambino può raggiungere la propria autonomia e indipendenza, rendendo possibile la formazione della propria identità. Autonomia e indipendenza hanno però un prezzo da pagare, essendo necessariamente legate a paure e incertezze, che accompagnano i bambini nel loro sviluppo.

 Il bambino ha una predisposizione innata a ricercare la vicinanza di una figura di riferimento che si prenda cura di lui e che gli attribuisca un valore, sviluppando nel corso del primo anno di vita un legame di attaccamento nei suoi confronti, che gli dia la sensazione di sicurezza. Un neonato da solo sarebbe esposto a rischi e pericoli, ha perciò bisogno di qualcuno che gli offra protezione e che faccia da “filtro” tra sè e il mondo. In genere è la madre che fornisce al bambino le cure necessarie: lo alimenta, lo coccola e lo riscalda, lo pulisce e lo cura, gli parla e risponde ai suoi bisogni.

Di fronte alla separazione dalla mamma, interpretata come condizione di potenziale pericolo, è sano e fisiologico che il bambino metta in atto comportamenti di protesta tesi a ripristinare la sua vicinanza e la condizione di sicurezza, che gli permettono così di riprendere le proprie attività di esplorazione dell’ambiente esterno. C’è un’azione reciproca nella formazione del legame: l’insieme e la qualità degli scambi interattivi tra il bambino e la figura di attaccamento costituiscono la base per la costruzione del legame. La reciprocità consente gradualmente al bambino di rendersi autonomo, distaccandosi gradualmente da chi si prende cura di lui.

Questa inevitabile separazione ha inizio con la nascita: il bambino abbandona per la prima volta il benessere e la sicurezza del grembo materno per affrontare un mondo sconosciuto.

I piccoli distacchi possono essere inizialmente difficili da affrontare, non solo per il bambino piccolo, ma anche per la mamma. Ne sono un esempio lo svezzamento, che rappresenta l’abbandono non solo di un’abitudine e di un piacere condiviso, ma anche di una forte intimità; il ritorno al lavoro dopo il parto; l’esperienza del gattonamento fino al camminare autonomo, attraverso cui il bambino può separarsi fisicamente dalla madre avviandosi verso una maggiore autonomia, seppure ancora fragile e minacciata da ripensamenti e ricadute emotive.

Simbolicamente si potrebbe dire che se si è instaurato un buon legame tra madre e bambino, di fronte alle separazioni il piccolo sa che “non perde la mamma”, perché conserva dentro di sé quel legame e quella fiducia di base che gli eviterà successivamente di cadere in preda all’insicurezza e all’angoscia per la separazione.

Il successivo ingresso a scuola, rappresenta per il bambino un allontanamento da ciò che gli è familiare per rivolgersi ad un inizio nuovo e incerto. Se da un non vede l’ora di andare a scuola per dimostrare di essere grande, dall’altro lato però avverte all’improvviso la fatica che significa la permanenza in quel luogo estraneo.

Il momento del sonno per il bambino significa separarsi dal mondo familiare cui è abituato per lasciarsi andare in un mondo sconosciuto. Il modo in cui i genitori gli presentano questo momento è importante: la convinzione fiduciosa che il sonno sia un luogo piacevole, tranquillo e sicuro, e una serie di rituali che lo accompagnano, contribuiranno a farglielo apparire un momento confortevole.

 La separazione è sempre un processo a 2 sensi, coinvolge il bambino tanto quanto il genitore.

I genitori lamentano spesso che il bambino non accetta facilmente la separazione, si aggrappa e piange; attraverso questo comportamento esprime la propria opinione e le proprie emozioni al riguardo. È normale che i bambini si chiedano “cosa succede a casa mentre io sono qui?”, “mi verranno a prendere puntuale?”.

Il modo in cui un bambino vive la separazione dipende da come gli viene presentato il tempo che trascorrerà lontano dai genitori. Se essi vanno via malgrado le sue proteste, fiduciosi che il figlio è in buone mani, rafforzano l’idea che starà bene anche senza di loro, che esistono altre persone in grado di prendersi cura di lui. Se non lo lasciano, ammettono di fatto che solo loro possono occuparsi del bambino, e che il mondo non è un posto sicuro. Se il bambino percepisce il disagio del genitore nel momento in cui si allontana, arriverà alla conclusione che ci deve essere in questo qualcosa di sbagliato o che non và. Naturalmente la separazione va preparata, occorre valutare quanto tempo il bambino riesce a stare senza il genitore, dovrà essere un processo graduale.

Spesso ci si chiede se sia meglio salutare o sparire senza che il bimbo se ne accorga, come se i bambini non si rendessero conto di ciò che li circonda. Allontanarsi di nascosto può solo avere come risultato il fatto che il bambino sarà più guardingo e opporrà maggiore resistenza alla successiva separazione. È vero che, se vengono informati della partenza del genitore, hanno la possibilità di obiettare e fare capricci. Questi sentimenti dovrebbero essere capiti e accettati, non dovrebbero impedire ai genitori di rinunciare ai loro programmi. Capita però di gestire con fatica questa situazione, e ciò può portare a “svignarsela” per togliere emotività al momento del saluto, a minimizzare (“ormai sei grande per fare questi capricci”), ad esortare i bambini ad essere felici (“dai sorridi, la mamma torna presto!”), a metterli sotto pressione (“smettila di essere triste!”), o a ripetere “ora vado, adesso vado davvero”, oppure “allora sei proprio sicuro che vuoi rimanere qui?”.

Come aiutare i bambini a gestire le paure di separazione? Non c’è una chiave universale per facilitare ai bambini questi momenti, per rendere più sopportabile il dolore. Queste paure non vanno allontanate, né tanto meno utilizzate come minacce (“se non fai il bravo ti mando in collegio/non ti voglio più bene”). È importante accettare il vostro bambino con il suo dolore e le sue proteste, se si sente ascoltato e preso sul serio avvertirà il sostegno e la protezione, percepirà il vostro messaggio fiducioso che questa condizione potrà essere superata, sentendosi così più sicuro.

Dal momento che la separazione riguarda due persone, è importante comunicarla al bambino con sufficiente anticipo, in modo chiaro e rassicurante, per dare il tempo ad entrambi di prepararvi emotivamente, di costruire un ponte tra il momento della partenza e quello del ritorno. Per permettergli di crearsi punti di riferimento, può essere importante parlargli della persona che si occuperà di lui, di ciò che farà durante la separazione, di voi e dei vostri sentimenti (“mi mancherai, ma tornerò presto”), del modo in cui vi ritroverete, ed infine ascoltare le sue emozioni, perché il bambino ha il diritto di manifestare la sua rabbia, tristezza o paura.

Una strategia di superamento propria del bambino è rappresentata dal ricorso a oggetti che lo aiutano a sopportare la lontananza dai genitori e il passaggio all’autonomia, che accompagnano ovunque e lo aiutano a sentire che essi continuano ad esistere anche se sono lontani (ciuccio, peluche, copertina..). Essi svolgono un’importante funzione di alleggerimento psichico, permettendo di scaricare tensioni emotive. Chi decide tempi e velocità per abbandonare queste abitudini sono i bambini, quando disporranno di tecniche alternative per superare le paure di separazione abbandoneranno il dito in bocca o il peluche.

I bambini hanno bisogno dei loro tempi per gestire i sensi di abbandono e di separazione. A volte sembra che le paure di separazione siano state superate ma poi si ripresentano nelle fasi di transizione o nei periodi stressanti. Capita che il tempo necessario ai figli non coincida con quello dei genitori, scandito dai loro impegni: si stupiscono di quanto i bambini restino attaccati ai loro peluche, di come continuino a succhiare il dito e ad andare nel loro letto la notte.

È importante ricordare come lo sviluppo emotivo non sia un processo lineare, può essere infatti segnato da stasi e regressioni, in cui i bambini riprendono abitudini abbandonate da tempo (brutti sogni, fatica a dormire la notte, bagnare il letto, ricorrere al dito in bocca o al peluche..) e ricercano il senso di sicurezza, la consolazione e la protezione dei propri genitori.

Monti Valentina e Resta Elisa [Psicologhe-Psicoterapeute]

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