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Il difficile compito di dare regole: le sa ma non le rispetta, come fare?

Il difficile compito di dare regole: le sa ma non le rispetta, come fare?

Trasgredire e rifiutare le regole “famigliari” è qualcosa di evolutivo e naturale che ha come scopo l’esplorazione del proprio sé da parte del bambino. Compito dei genitori è quello di contenere ed aiutare i figli in questa fase. Alcuni comportamenti che noi avvertiamo come difficili da gestire hanno come obiettivo evolutivo quello di differenziarsi dalla figura genitoriale per riuscire a costruire una propria personalità, fatta di propri gusti e scelte.

La costruzione del sé avviene infatti grazie ad amore ma anche a regole, cioè comportamenti e decisioni che aiutino il bambino a capire cosa si può fare e cosa no, cosa può far star bene e cosa farà star male, cosa li farà interagire in maniera adeguata all’interno della società, dal nido fino all’università.

 

La disciplina è insegnamento, non punizione, pone al bambino dei limiti. Lo scopo che si propone è molto importante per una sana crescita emotiva: infondere nel bambino la capacità di autocontrollo, in modo che un giorno possa diventare capace di porsi dei limiti da solo, di affrontare e superare le frustrazioni.

Dal punto di vista del bambino, i limiti possono rappresentare delle restrizioni che lo mandano su tutte le furie, ma sono essenziali, in quanto lo proteggono e lo fanno sentire al sicuro. Il bambino sa, malgrado la sua resistenza, che i genitori agiscono per il suo bene. Un bambino che domina un adulto invece, si trova in una posizione inquietante: se si sente più potente di chi si prende cura di lui, come potrà mai sentirsi protetto se se ne presenta la necessità?

L’altro aspetto importante dei limiti è che aiutano il bambino a sviluppare le proprie risorse. Se qualcun altro soddisfa ogni suo capriccio, il bambino diventa sempre più incapace di sopportare la frustrazione. Il bambino che vuole attenzione, o un giocattolo, o desidera svolgere un’attività, e deve aspettare o rinunciare, impara anche ad essere flessibile e paziente, a cercare alternative, a fare uso delle proprie risorse per far fronte alle difficoltà.

 

Esiste il “genitore perfetto”? È forse quello che soddisfa ogni bisogno del bambino cercando di risparmiargli ogni sofferenza? Agendo in questo modo preparerebbe il bambino a vivere con gli altri ed a gestire le difficoltà?

Dire “no”, limitare intenzionalmente il proprio figlio per il suo bene causandogli a volte sofferenza, non è quello che i genitori vorrebbero. Quanto è difficile tollerare la rabbia del bambino nei nostri confronti! Vi sentirete crudeli, preoccupati, impotenti… ed è così che si sente anche lui. I bambini infatti, comunicano tramite il loro comportamento, ci fanno provare quello che loro non riescono a sopportare e a capire. Vorremmo bloccare in fretta questa esperienza, così spesso finiamo per cedere ai loro capricci pur di farli smettere, li ignoriamo per non dargliela vinta, oppure alziamo le mani per porre fine alla discussione. Non è facile non farsi trascinare e sopraffare da queste forti emozioni del bambino, cedendo anche noi alla rabbia.

È però importante che la collera venga tollerata dall’adulto affinché il bambino non la senta come qualcosa di insopportabile; se non la si può esprimere diventa difficile gestirla. Allora diventa necessario cercare di capire le ansie e la sofferenza che hanno scatenato la reazione aggressiva del bambino, affinché possano trovare un contenimento nel genitore.

 

I metodi educativi dovrebbero aiutare il bambino ad imparare, a riflettere su ciò che ha fatto capendo le conseguenze che le sue azioni possono avere sul prossimo e nell’ambiente circostante.

Non esiste una “ricetta” valida in tutte le situazioni, probabilmente troverete cosa funziona meglio nel vostro caso e in quel particolare momento solo provando e sbagliando, mettendovi in ascolto dei segnali che vi manda il vostro bambino tramite il suo comportamento. Il non avere “ricette” precise non semplifica di certo le cose, anzi a volte le complica! Ma cercare di capire i motivi che sono alla base del suo comportamento, vi permette di rispondere in maniera comprensiva, e non strategica per ottenere un effetto immediato.

La disciplina deve adattarsi alle caratteristiche del bambino, al suo temperamento, ai sentimenti che è in grado di tollerare in base all’età, alle sue motivazioni.

È necessario stabilire insieme al bambino regole chiare e coerenti e conseguenze certe in caso di violazione. È importante che il bambino capisca il valore delle regole, spiegandogli il perché certe azioni non sono consentite e altre sì, altrimenti il rischio è che obbedisca senza capirne il motivo, ma solo perché riuscirà ad ottenere qualcosa o a sfuggire ad una punizione. Ad esempio se gli si dice “se fai tutti i compiti ti compro le figurine”, farà i compiti non perché è suo dovere, ma perché in cambio riceverà le figurine, e probabilmente quando non si aspetterà un premio non vi ubbidirà. Se le risposte al comportamento del bambino sono coerenti, egli acquisisce un’idea precisa di ciò che è consentito o proibito, di ciò che è sicuro o pericoloso. Messaggi ambigui invece rischiano di creare confusione nel bambino rendendolo irritabile e ansioso, perché non saprà mai se la sua richiesta verrà accolta o no, è come se gli rispondessero sempre “forse”.

Per il bambino è importante percepire che gli adulti che si prendono cura di lui sono d’accordo sulle regole e sulle conseguenze del loro mancato rispetto, altrimenti si sentirà confuso e avvertendo il disaccordo lo metterà alla prova.

Il bambino deve poter imparare che determinate azioni portano a determinate conseguenze nell’ambiente e anche disciplinari. Per aiutarlo a collegare un’azione ai suoi effetti, i genitori possono scegliere forme disciplinari che derivano in modo chiaro dal suo comportamento.

La scelta di un provvedimento sproporzionato o che sembra scollegato lo confonde rispetto alla lezione che deve imparare.

Inoltre perché il bambino stabilisca un legame tra il suo comportamento e l’effetto corrispondente, le conseguenze devono essere presentate appena possibile e non ritardate nel tempo.

Molte conseguenze infine, possono avere un’efficacia maggiore se presentate positivamente, ad esempio “se mi aiuti a sistemare avremo più tempo per giocare”, piuttosto che “se non mi aiuti a sistemare non potrai giocare”.

La cosa meno appropriata da scegliere come conseguenza quando il bambino si comporta male è toglierli qualcosa di cui ha strettamente bisogno: l’affetto. È naturale che i genitori si arrabbino e che il bambino impari che ciò è una conseguenza al suo comportamento sbagliato, ma ha bisogno di sapere che il rapporto con i genitori sopravvivrà alla sua disubbidienza e imparerà anche prendendo esempio dalla loro capacità di mettere da parte la rabbia.

Dott.sse Monti Valentina e Resta Elisa, psicologhe-psicoterapeute

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